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Storia

La storia dell’Associazione Alpini Paracadutisti ha origini lontane. Il primissimo nucleo aggregativo degli Alpini Paracadutisti in congedo, che col tempo sfocerà nell’attuale Associazione, si venne infatti a formare nel 1970: all’Adunata Nazionale ANA di Brescia, in quell’anno, il S.Ten. Frattarelli, appena congedato dal servizio di prima nomina come Ufficiale di complemento alla Compagnia Alpini Paracadutisti, ebbe l’dea di recuperare al volo tutti gli Alpini Parà in congedo che trovava e di sfilare con loro la domenica, in un gruppetto a parte, dopo la sezione ANA di Bolzano, città dove allora aveva sede la Compagnia. Se ne recuperarono quasi una cinquantina e iniziò così una tradizione destinata a durare nel tempo.
L’anno successivo, il 1971, all’Adunata di Cuneo, la cosa si era già meglio organizzata, anche con un cartello con la scritta ALPINI PARACADUTISTI a mo’ di labaro, portato dall’ “alfiere” Ezio Polli, uno dei primi ad aderire all’iniziativa già l’anno precedente. Essendo così quindi più visibile, il gruppetto iniziale recuperò man mano altri Alp. Par., tra cui, entusiasticamente, Dario Berga, Sottufficiale allora ancora in servizio alla Compagnia (e già del Plotone Tridentina nel 1955). Sarà sua l’idea e la realizzazione del primo Labaro degli Alpini Paracadutisti, fatto fare nella primavera del 1972 e che, dopo una lieve modifica per aggiungervi il brevetto di paracadutismo, sfilò per la prima volta all’adunata di Milano di quell’anno, nel centenario della nascita delle Truppe Alpine.

Il labaro con l’alfiere Polli e, a destra, Dario Berga, ad un’Adunata nei primi anni ’80. Al centro l’allora Maggiore Silvi, già del Pl. Alp. Par. Orobica.

Il Labaro, fatto sulla falsariga di quello delle Sezioni ANA, riportava l’aquila del Corpo d’Armata Alpino sopra ad un paracadute spiegato. Alfiere sempre Ezio Polli, in stivaletti da lancio, pantaloni e camicia kaky, che lo porterà per molti anni ancora alle Adunate, custodendolo orgogliosamente a casa sua.
Inutile dire che, visibilissimo, il nostro Labaro, allora come oggi, riceveva sempre grandi applausi e ammirazione anche tra chi ancora non conosceva ancora la nostra doppia specialità.
Via via, allo sparuto gruppetto iniziale si aggiunsero di anno in anno molti altri, come il past-president Franco Francesconi e l’indimenticabile Gualberto Biffi, poi motore trainante delle tante e tante iniziative degli Alpini Parà in congedo.
 In quegli anni Gualberto già si occupava di trovare e gestire la logistica in Adunata del gruppo di Alpini di Cernusco Sul Naviglio (MI) e da fine anni ’70 in poi si occupò anche di farlo per gli Alp. Par., trovando un alloggiamento per tutti e sempre più gestendo in prima persona le varie iniziative.

Le file degli ex  Alp. Par. che sfilavano si andavano ingrossando di anno in anno. Moltissimi si sottoponevano a dei veri tour de force, considerata anche l’immensa folla delle Adunate, per riuscire a sfilare sia con le proprie sezioni ANA di appartenenza, sia – prima o dopo, a seconda della sequenza prevista dello sfilamento- con gli Alpini Parà, che erano sempre in coda alla sezione di  Bolzano, città sede del reparto in armi.
Con le vulcaniche idee dell’instancabile Gualberto Biffi e di altri insostituibili amici come Roberto Tecilla, si iniziò a pensare di avere anche, per ogni raduno, un punto di ritrovo (generalmente un bar possibilmente vicino alla zona di ammassamento per la sfilata) dove gli Alpini. Paracadutisti. potessero ritrovarsi. Un paracadute appeso sopra all’insegna del bar, segnalava a tutti il “Posto Tappa”. È in questa sede “annuale” che si posizionerà la nostra “fureria”, portata avanti, dai primi anni ’90, da Barbara Biffi (da sempre efficientissima segretaria degli Alpini Paracadutisti in congedo) con l’infaticabile collaborazione di Ivo Toldo e Massimo Cuttini.
La ricerca del posto (come anche dell’accantonamento) era fatta sempre con largo anticipo con lunghi e onerosi viaggi nella città della futura Adunata.
Il nostro Labaro, spesso seguito anche da una riga di Alpini Paracadutisti in uniforme inviati dalla Compagnia, sarà fatto sfilare in Adunata (allora unica uscita “pubblica” degli Alpini  Paracadutisti in congedo) sempre da Ezio Polli fino al 1984, quando fu deciso che non ci sarebbe più stato un alfiere unico, bensì che il labaro sarebbe stato portato in sfilata da un Alpino Paracadutista della città sede dell’Adunata.

Il Labaro ad un’Adunata
Il Labaro consegnato alla Compagnia, schierato ad un raduno a Cervinia negli anni ’90. Dietro, l’allora comandante della Compagnia Capitano Michele Pellegrino ed i Tenenti Prozzo e Gamba.

In quell’anno, In occasione dei festeggiamenti per il ventennale della Compagnia  Alpini Paracadutisti, venne anche fatto fare un nuovo labaro, simile a quello già portato alle adunate, ma con la scritta Compagnia Alpini Paracadutisti, che con una cerimonia “ufficiosa” all’interno di quella “ufficiale” del ventennale fu dato in consegna all’allora comandante, Capitano Fausto Macor, per essere conservato come simbolo della Compagnia, che non aveva gagliardetti o altri segni distintivi. 

È dei primi anni ’80 anche la tradizione di far sfilare dietro agli Alpini Paracadutisti inquadrati, un paracadute. Si era pensato infatti, visto che molte Sezioni ANA sfilavano chi con i muli, chi con gli sci, con bandieroni, striscioni o quant’altro, di utilizzare anche noi, per distinguerci, un simbolo a noi caro e distintivo per la doppia specialità. Inizialmente il paracadute, portato a braccia da alcuni volonterosi e tirato da un Alpino Parà di stazza e forza non comune, il friulano Gori, era tenuto chiuso, anche perché non si aveva a disposizione altro che il grosso CMP 55, ben difficile da aprire in corsa se non con uno sforzo sovrumano. Nonostante questo, qualche “apertura” durante lo sfilamento, in zone che lo permettevano, fu fatta. In seguito venne utilizzato un ausiliare I -56, più piccolo, ma altrettanto “ostico” da aprire e tenere aperto, che metteva a dura prova il Gori e gli altri volonterosi tiratori. Poi, finalmente venne trovato un paracadute (quello attuale) civile, tricolore, con un diametro minore dei precedenti che permetteva una più facile apertura. Inizialmente la composizione “base” dei tiratori era così: Biffi, dotato dell’immancabile fischietto per dare gli ordini, comandava dal davanti le “aperture”. Gori tirava, imbragato, il paracadute, assistito da altri due Alpini Paracadutisti vicino a lui. Dietro ed ai lati del paracadute, altri volontari aiutavano l’apertura e la chiusura tenendo le funicelle. Ai lati di Biffi , due Ufficiali in congedo facevano ala, sgombrando eventuali spettatori o altre persone che intralciassero il passaggio.
Oggi  la composizione dei tiratori varia di anno in anno, ma la tradizionale apertura del nostro paracadute durante l’adunata, che sempre riscuote ammirazione nel pubblico e nelle autorità presenti sulle tribune, è diventata irrinunciabile. Quante sudate per quel paracadute!

1985, uno dei primi sfilamenti con il paracadute, ancora portato chiuso.
Il paracadute sfila davanti alle tribune all’Adunata di Milano nel 2019

Ad un certo punto arrivarono anche le maglie tricolori per i “tiratori” del paracadute, oltre a striscione e gagliardetti con i distintivi dei reparti Alpini Paracadutisti, in uso ancora oggi. Ad alcune adunate, come ad Asti nel 1995, a Reggio Emilia nel ’97 ed a Cremona nel ’99,  gruppetti di Alp. Par. volontari organizzarono di arrivare marciando a piedi per centinaia di km; ad Asti giunsero anche accompagnati da dei muli.  All’adunata di Padova del 1998 alcuni, guidati dall’instancabile Biffi, arrivarono su due gommoni! Partiti da Pavia avevano disceso prima il Ticino, poi il Po e infine, dal mare, risalito il Brenta.
Alle Adunate poi è ormai tradizione (meteo e permessi permettendo)  offrire a tutti gli Alpini ed alla città che ci ospita lo spettacolo dei lanci TCL.  Il nucleo iniziale di Parà, ben allenati perché partecipavano alle gare di Parasky (lancio di precisione in zona innevata e gara di slalom gigante), era guidato dal nostro Enrico “Chicco” Mooney, Alpino Parà italo-americano con più di 5.800 lanci all’attivo e da suo figlio Alessandro, che di lanci ne ha fatti più di 17.000 ed è stato due volte vice campione mondiale di freefly. Poi si sono aggiunti molti altri, comprese aliquote del Reparto in armi e oggi l’evento, nato un po’ in sordina e a volte con qualche “scappatoia burocratica”, è una delle attrazioni più seguite dell’Adunata, nella giornata del sabato.

Per anni le uniche occasioni di ritrovo degli Alpini Paracadutisti in congedo furono le Adunate Nazionali ANA, ma pian piano anche altri eventi ci videro presenti. Quando nel 1990 la Compagnia ereditò il nome del glorioso Battaglione. Autonomo Sciatori “Monte Cervino” due volte creato e due volte distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale, gli Alpini Par. in congedo iniziarono a trovarsi anche a Cervinia, il primo week end di luglio, in occasione dell’annuale raduno dei superstiti del Battaglione, allora organizzato da Carlo Vicentini, ufficiale reduce dalla campagna di Russia e dalla prigionia. Inizialmente si era un gruppetto sparuto, che ogni anno però si ingrandiva sempre più. Nella seconda metà degli anni ’90, quando Vicentini non ce la fece più a venire in Val d’Aosta per “raggiunti limiti di età”, prese in mano l’organizzazione Gualberto Biffi. Anche questo divenne un appuntamento fisso ed erano due giorni di vera festa, con almeno una cinquantina di Alpini Paracadutisti. presenti in quel fine settimana. A loro si aggiungeva anche il personale in servizio che veniva da Appiano (nuova sede della Compagnia) per sfilare e presenziare alla cerimonia ed effettuare gli spettacolari  lanci TCL nella splendida cornice del Monte Cervino, da cui prendeva il nome il Reparto.
Nel 1993 fu fatto anche addirittura un 1° raduno Nazionale Alpini Paracadutisti, a Vittorio Veneto, organizzato da Dario Berga. Purtroppo rimase l’unico nostro raduno specifico e sopravvivono in suo ricordo solo una medaglia, un portachiavi ed un piccolo distintivo fatti fare per l’occasione.

Metà anni 2000. Personale militare ai lanci TCL al Centro Don Gnocchi di Pessano.

Ma non c’erano solo raduni e Adunate: fin dagli anni ’90 vennero fatte iniziative benefiche, come quella per il Centro Don Gnocchi di Pessano con Bornago (MI)- che dura tuttora- dove volontari Alpini Paracadutisti contribuiscono alla manutenzione del grande parco per gli ospiti del Centro. Nei primi anni 2000, lì veniva organizzato anche un “Babbo Natale dal cielo”, con Paracadutisti brevettati TCL del Reparto in armi che si lanciavano vestiti da Babbo Natale, con grande entusiasmo degli ospiti del Centro. Era di quegli anni anche un primo, timido, “tesseramento”, volto soprattutto a coprire le spese per le Adunate, ma qualcosa era nell’aria. Iniziava a balenare nella mente di molti l’idea di tradurre tutto questo in una vera e propria Associazione, per dare un’ufficialità alla cosa – fino ad allora fatta in amicizia e spontaneità – ed assicurare continuità e nuove iniziative al contempo potendosi basare, anche nei rapporti con altri Enti o Associazioni, su qualcosa di più strutturato e tangibile.  Il tutto verrà concretizzato il 23 marzo 2009, con la costituzione dell’Associazione Alpini Paracadutisti e la stesura del primo Statuto nella sede milanese del Notaio Parazzini (già presidente nazionale dell’ANA), a firma dei Soci Fondatori Gualberto Biffi, Roberto Tecilla, , Matteo Cacco, Franco Francescon, Ivo Toldo, Massimo Cuttini, Stelvio Boscarato,  e Paolo Sinisi.

Il resto è storia recente, che i più già conoscono. Dopo due presidenti, Franco Francescon e Maurizio Venturin, oggi l’ Associazione Nazionale Alpini Paracadutisti (ora così denominata, per cambio di Statuto) conta circa 1140 soci, sparsi su tutto il territorio nazionale, di cui anche moltissimi in servizio nelle FFA.

L’ Associazione incarna, con i suoi iscritti, le tradizioni di tutti i reparti di Alpini Paracadutisti che si sono succeduti nel tempo, dai primi plotoni negli anni ’50, alla Compagnia, al Battaglione, fino alla splendida realtà che oggi è il 4°Reggimento Alpini Paracadutisti (Ranger) che ci rappresenta in armi inquadrato nelle Forze Speciali dell’Esercito. Al reparto l’Associazione è sempre più legata, non solo per le tradizioni, ma anche con un vero e proprio “protocollo d’intesa” firmato dall’attuale Presidente Rocco Ruscio (Alpino Parà da sempre e già Tenente Colonnello al 4° Rgt. Alp. Par., nonché primo comandante del Btg. Intra, nuova realtà del 4°) assieme al comandante del Reggimento Col. Marco Manzone,  per un ancora più intenso e proficuo interscambio tra gli Alpini Parà in congedo e quelli in armi.

FREGIO E MOSTRINE DEGLI ALPINI PARACADUTISTI

Il fregio degli Alpini Paracadutisti è sempre stato, come anche è oggi, il fregio comune agli Alpini, introdotto nel 1912: un’ aquila ad ali spiegate rivolta a sinistra, per chi guarda, poggiante su una cornetta sotto la quale si incrociano due fucili. Unica variante è che, sin dalla costituzione del primo Plotone Paracadutisti in seno alla Brigata Alpina Tridentina nel 1952, gli Alpini Paracadutisti hanno inserito nel tondino centrale del fregio, al posto del previsto numero reggimentale, un piccolo paracadute metallico dorato. Quest’ultimo è stato poi sostituito nel tempo con la “pulce” (paracadute oro su fondo blu) attualmente in uso.

Come mostrine, gli  Alpini Paracadutisti hanno utilizzato fino alla seconda metà degli anni ’80 del XX secolo,  le normali fiamme verdi degli Alpini introdotte nel lontano 1883, nelle varie versioni in panno, vipla, plastica e metallo che si sono succedute fino all’ultima versione- in metallo nichelato e smalto in uso tutt’oggi.

Le attuali mostrine composite, con le fiamme verdi degli Alpini caricate però di gladio alato come tutte le mostrine che contraddistinguono le Aviotruppe, furono introdotte attorno alla fine del 1986- inizialmente in via non ufficiale per essere poi ufficialmente approvate nel 1994, con il Foglio d’Ordini n° 12 del 30 ottobre di quell’anno.

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