Oggi 4 maggio vogliamo ricordare il 164° anniversario della costituzione dell’Esercito Italiano, costituito il 4 maggio 1861.
Subito dopo l’unità d’Italia nel 1861, venne costituito il Regio Esercito italiano, che nacque dalla fusione dell'”Armata Sarda” con gli altri eserciti operativi nei vari stati preunitari italiani; la denominazione venne stabilita il 4 maggio 1861, con decreto (nota n. 76 del 4 maggio 1861) del Ministro della guerra Manfredo Fanti.
Da allora il Regio Esercito ha partecipato alla Terza guerra di indipendenza, alle campagne coloniali, alla prima guerra mondiale, alla guerra d’Etiopia, quindi alla seconda guerra mondiale, dal 1940 dalla parte dell’Asse e dopo l’8 settembre 1943 dalla parte degli Alleati.
L’esercito repubblicano nacque dall’Esercito cobelligerante italiano, dopo la proclamazione della Repubblica il 2 giugno 1946.
La sua base consisteva nel Corpo italiano di liberazione, che aveva partecipato alla campagna d’Italia al fianco della forze Alleate contribuendo alla liberazione del territorio nazionale.
Dopo la fase di transizione, con l’accettazione dell’Italia nella NATO, le forze armate vengono rinforzate e riarmate, con un consistente concorso degli Stati Uniti d’America in termini di mezzi; la dottrina di impiego e l’addestramento vengono uniformati agli standard dell’alleanza, e vengono tenute regolarmente esercitazioni congiunte.
Nel 1975 l’Esercito Italiano è stato interessato da una delle più radicali riforme della sua storia.
La riforma venne promossa dal generale Andrea Cucino, che diventato capo di stato maggiore dell’esercito il 1º febbraio 1975, ordinò una revisione immediata della struttura della forza armata.
Dopo due mesi dal suo insediamento, Cucino e il suo staff presentarono un piano per ristrutturare l’intera forza armata e dopo aver assicurato ulteriori 1.100 miliardi di lire in dieci anni per modernizzare l’equipaggiamento dell’esercito, ordinò che la riforma avesse inizio il 1º settembre 1975; il 31 dicembre 1975 la riforma era conclusa e gli organi, le unità, la dottrina, l’addestramento e l’organizzazione dell’esercito erano stati radicalmente modificati.
Tra gli aspetti più rilevanti della riforma l’abolizione del livello reggimentale, con i battaglioni autonomi all’interno delle brigate.
Con l’inizio degli anni ottanta l’esercito ha affrontato, dal 1980 al 1982, la sua prima missione armata (cioè non limitata alla sola presenza di osservatori) all’estero, la Missione Italcon, durante la guerra in Libano come forza di pace.
Durante la missione, effettuata congiuntamente con forze di altri paesi NATO tra i quali Stati Uniti e Francia, il contingente ha guadagnato la fiducia delle parti contrapposte, riuscendo a non essere vittima di disastrosi attacchi che invece colpirono le altre forze multinazionali e perdendo alla fine un solo uomo a causa dell’esplosione di una mina.
Nel 1992, dopo le stragi mafiose in Sicilia, fu utilizzato per l’operazione di polizia Vespri siciliani, che durò diversi anni.
La caduta del muro di Berlino e il dissolvimento del Patto di Varsavia diedero una nuova dimensione alle forze armate italiane, non più in funzione esclusivamente difensiva ma anche e soprattutto in supporto alle iniziative di peacekeeping (come viene denominata internazionalmente un’operazione di mantenimento della pace). L’esercito venne infatti schierato nella missione ONU in Namibia (UNTAG, 1989-1990), in Albania e Kurdistan nel 1991, e in Somalia con l’operazione IBIS dal 1992 al 1994, operando nell’ambito dell’UNITAF, una delle operazioni più complesse in teatro estero dalla fine della seconda guerra mondiale.
Il contingente italiano, nello svolgere il suo lavoro sul campo somalo, subì un’imboscata che causò la morte di alcuni soldati (battaglia del pastificio).
Seguirono la missione ONU in Mozambico (1993-1995, ONUMOZ) e quelle in Bosnia ed Erzegovina (1995-2002, UNMIBH), Timor Est (1999-2000, UNAMET) e Kosovo (1999, UNMIK).
A partire dagli anni 1990 l’esercito italiano cominciò ad attraversare una serie di trasformazioni come l’istituzione del ruolo dei volontari in ferma breve (VFB) prima e dei volontari in ferma annuale (VFA) poi.
Dall’anno 2000 poi la partecipazione ai concorsi per l’accesso a tutte le FF.AA fu aperta anche alle donne senza alcuna limitazione di impiego, anche in incarichi di combattimento.
In quello stesso anno si ebbe poi la separazione funzionale[sembra più una modifica burocratica / classificatoria che di funzione] dell’Arma dei Carabinieri dall’esercito, elevata al rango di forza armata, cessando di essere una specialità dell’esercito, e perdendo la tradizionale provenienza del suo Comandante generale dalle file dell’Esercito.
Con la legge Martino del 2004 e la sospensione delle chiamate al servizio militare in Italia, venne avviata un notevole fase di ristrutturazione e ottimizzazione delle risorse soprattutto umane (la forza operativa passò negli anni da oltre 230.000 a circa 102.000) ne è discesa una concezione delle forze armate e una razionalizzazione del loro impiego completamente nuove e molto più agili.
Nel 2013 l’ultima profonda riorganizzazione, razionalizzando in particolare la componente operativa, e con la nascita del Comando delle forze speciali dell’Esercito.
Nel 2024 l’esercito ha pianificato un investimento di 23 miliardi di euro in 10 anni per il rinnovo completo del suo parco cingolati (una delle commesse più sostanziose a livello europeo).