Nella notte tra la notte dell’8 e 9 agosto, il Tenente degli Arditi Alessandro Tandura veniva lanciato da 1.600 piedi da un aereo Savoia-Pomilio SP.4 del Gruppo speciale Aviazione I, rabberciato in tutta fretta sostituendo i pezzi più importanti dopo un grave danneggiamento a seguito di un violento temporale, pilotato dal Maggiore canadese William George Barker e dal Capitano inglese William Wedgwood Benn (entrambi piloti della Royal Air Force), deputato alla Camera dei Comuni.
Alessandro Tandura nacque il 17 settembre 1893 a Serravalle di Vittorio Veneto. A 21 anni si arruola volontario nel Regio Esercito e viene assegnato al 1º Reggimento Fanteria “Re”, di stanza a Sacile (PN) il 14 settembre 1914 e in soli quattro mesi, il 31 gennaio 1915 si guadagna i gradi di caporale. Il 24 maggio 1915 il Regno d’Italia dichiara guerra all’Impero austro-ungarico e come altri valorosi soldati, il Caporale Tandura rimedia una grave ferita all’avambraccio sinistro durante un aspro combattimento sul monte Podgora. Il 6 luglio viene ricoverato all’ospedale di Legnago e inviato in licenza di convalescenza il 19 agosto, per quattro mesi. Rientra al Corpo il 9 ottobre, successivamente alla rassegna medica, viene nuovamente inviato in licenza di convalescenza per altri quattro mesi. Il 23 febbraio del 1916 viene ricoverato all’ospedale di riserva di Bologna per i postumi della ferita e l’8 marzo è trasferito all’Ospedale Militare di Campobasso. Il 16 maggio 1916 il caporale veneto, finalmente, poté ritornare dai suoi uomini e, nel settembre dello stesso mese, venne trasferito al Deposito del 77° Reggimento Fanteria “Toscana”. Nei mesi a seguire, Tandura venne affidato alla custodia dei depositi di mitragliatrici del Reggimento “Brescia” finché, nell’ottobre 1917, non ottenne la nomina a sottotenente di complemento. Tandura, però, ricadde nei dolori della malattia che lo costrinsero ad allontanarsi dal fronte fino al dicembre dello stesso anno. Il 27 dello stesso mese, il giovane soldato chiese insistentemente, malgrado il non totale recupero fisico, di entrare a far parte del 20° Reggimento d’Assalto delle “Fiamme Nere” che diverrà famoso con il nome di “Arditi”. Con loro, Tandura combatterà in tutti gli scontri del Basso Piave e, il 28 aprile 1918, ottenne la promozione a tenente di complemento. Nell’estate del 1918, l’ardito partecipò alla vittoriosa Battaglia del Solstizio finché, dopo pochi giorni, non venne contattato dal tenente colonnello Dupont. Gli viene chiesto senza giri di parole se si senta di offrirsi per una missione segreta oltre il Piave, in territorio nemico, per raccogliere informazioni e Tandura che non vede l’ora di tornare in azione, accetta senza esitazioni. L’azione che lo avrebbe consegnato alla storia, si sarebbe dovuta svolgere nella notte fra il 8 e 9 agosto e quella notte il meteo non fu dalla parte dei protagonisti della pericolosa missione, Tandura e i due piloti della Royal Air Force, l’asso canadese Barker e il capitano inglese Benn. Un violento temporale si abbatté sul nord-est ma, dimentichi della paura, i tre partirono comunque e il nostro eroe venne lanciato, come da manuale, in territorio nemico nella zona di Sarmede. Era il primo uomo paracadutato in azione di guerra, si apriva una nuova era nella storia delle guerre. Tandura secondo i piani appena atterrato avrebbe dovuto raggiungere il Col Visentin, e li stabilire la base operativa per poi mischiarsi con la popolazione e iniziare la sua pericolosissima missione di spionaggio (se dovesse essere catturato e riconosciuto come spia, il suo destino sarebbe la fucilazione). Atterrato parecchio distante dal punto di arrivo, mentre l’aereo prosegue il suo volo, bombardando alcuni obiettivi, così da dissimulare il reale scopo della missione, il soldato non si diede per vinto; raccolse alcuni soldati e rivoltosi e boicottò gli Austriaci rallentandoli ed impedendoli nella loro avanzata. Tandura fu costretto a vivere in una grotta alcuni giorni ma, alla fine, i nemici lo catturarono. Il soldato riuscì a scappare una volta ma, catturato nuovamente, venne posto su di un treno diretto ad un campo di lavoro in Serbia, ma la fortuna aiutò il nostro valoroso ufficiale. Il convoglio si dovette fermare a causa di un guasto tecnico, a quel punto l’ardito riuscì nuovamente a fuggire scivolando dal finestrino e nascondendosi tra la boscaglia. Salvatosi per puro miracolo, Tandura non aspettò un secondo e si ricongiunse con i suoi camerati nella sua Vittorio Veneto, pronto a sferrare il colpo finale ai nemici. Dopo la Vittoria e la conclusione della guerra farà ritorno al suo comando, dove il Tenente Colonnello Dupont, lo proporrà per la Medaglia d’Oro. Questo il testo della sua richiesta.
«Ha fatto oggi ritorno dalla conquistata regione di Vittorio, ove si trovava in missione speciale da circa tre mesi, e si è presentato a questo Ufficio il Tenente Tandura Alessandro delle truppe d’assalto.
Ubbidendo ad uno spontaneo e generoso slancio dell’animo, spinto unicamente da un sentimento di amor patrio, assalito da un magnanimo desiderio di compiere opera utile alla Patria, sia pure coll’olocausto di sé medesimo, in sui primi del decorso mese di agosto, il Tenente Tandura accettava di sua libera elezione di esprimere un nuovo sistema di discesa dall’alto, e a mezzo di paracadute si faceva lanciare da un apparecchio in volo nella zona di Vittorio, ove atterrava mettendosi all’opera alacremente per raccogliere dati e notizie sui movimenti, le dislocazioni, le intenzioni del nemico e per entrare in contatto coi vari nuclei di soldati ed Ufficiali nostri sottrattisi con la fuga alla prigionia e in massima dispersi e sbandati nelle terre invase durante il ripiegamento dell’Ottobre 1917.
Non arrestò, nell’audace divisamento, il pensiero delle enormi difficoltà da superare, dei pericoli estremi da vincere; ché anzi di questi ebbe ragione con indomita costanza e intrepida fede, quelli affrontò con serena baldanza ed ammirevole slancio sfuggendo a ricerche, insidie e inseguimenti.
Tratto in arresto per ben due volte, si pose in salvo, riacquistò la libertà e perseverando la sua opera riuscì non solo a creare al di là delle linee nemiche un importante centro d’informazioni per le truppe operanti ed inviare a mezzo piccioni viaggiatori notizie precise e preziose sul nemico, ma a porsi in pari tempo, con pronta ed inesauribile arditezza a contatto coi vari nuclei di Ufficiali e soldati nostri dispersi per la regione, a riunirli, a riaccendere la fede e l’entusiasmo, portando loro la parola di solidarietà della Patria vigile ed amorosa, riorganizzare le file a preparare gli animi ai supremi cimenti.
È da ascrivere in modo particolare a suo merito se l’Armata poté entrare in azione con la piena coscienza delle Unità che aveva di fronte e della loro dislocazione.
Tale feconda ed avveduta opera di preparazione egli seppe integrare mercé la più ardita ed oculata delle azioni, unendosi, quando il movimento di ritirata delle truppe nemiche si fu delineato ad apparve in vista l’Esercito liberatore, alla testa delle schiere di ribelli, con essi insorgendo ed assalendo il nemico per poi offrire, infine, i suoi servigi ai vari Comandi, fornire tutte le informazioni preziose che possedeva, agevolare ed assecondare le loro azioni.
Le vicende del Tenente Tandura svoltesi in condizioni di estreme difficoltà, attraverso una lunga serie di sofferenze, di privazioni, di disagi, affrontati serenamente, con virile forza d’animo, senza iattanza, nel tripudio spirituale, che deriva a colui che ha conoscenza di offrire tutto sé stesso al Paese, ben a ragione possono paragonarsi ad una epopea, in cui la figura dell’eroico Ufficiale trasfigurata dalle stigmate degli stenti patiti, rifulge di vivida luce.
Ritiene pertanto lo scrivente abbia il Tenente Tandura ben meritato dalla Patria. Questa, impersonata nel più puro dei suoi simboli, l’Esercito, in niun’altra più degna guisa potrebbe onorarlo, che tributandogli la massima, più ambita delle onorificenze, la medaglia d’oro, colla seguente motivazione:
“Animato dal più ardente amor di patria, si offriva per compiere una missione estremamente rischiosa: da un aeroplano in volo, si faceva lanciare con un paracadute al di là delle linee nemiche nel Veneto invaso, dove, con alacre intelligenza e indomito sprezzo di ogni pericolo, raccoglieva nuclei di Ufficiali e soldati nostri dispersi, e, animandoli con il proprio coraggio e con la propria fede, costituiva con essi un servizio d’informazioni che riuscì di preziosissimo ausilio alle operazioni. Due volte arrestato e due volte sfuggito, dopo tre mesi di audacie leggendarie, integrava l’avveduta e feconda opera sua, ponendosi arditamente alla testa delle sue schiere di ribelli e con esse insorgendo nel movimento cui si delineava la ritirata nemica, ed agevolando così l’avanzata vittoriosa delle nostre truppe. Fulgido esempio di abnegazione, di cosciente coraggio e di generosa intera dedizione di tutto sé stesso alla Patria”. Piave – Vittorio Veneto, agosto – Ottobre 1918.
Propone inoltre che l’altissima ricompensa gli venga conferita per concessione immediata sul campo.
Il Tenente Colonnello di S.M. – Capo dell’Ufficio Informazioni
Dupont»
La massima onorificenza verrà immediatamente concessa e andrà a coronare un già folto e incredibile medagliere personale, su cui facevano bella mostra ben 5 Croci al Merito di Guerra, 3 Medaglie di Bronzo, 4 Medaglie d’Argento, Medaglia d’Oro al Valor Civico e Croix de Guerre 14-18 belga. Il soldato di Vittorio Veneto difenderà e libererà la sua città natale ma questo non lo porterà via dal mondo della divisa. Sempre da militare, infatti, cadrà in Somalia, a Mogadiscio, il 29 dicembre 1937. Di lui parlerà così il capitano Wedgwood: “Non ho mai visto un uomo più coraggioso di questo Piccolo soldato italiano, il più valoroso soldato del mondo”. Conclusa la Grande Guerra, la vita da soldato di Alessandro Tandura proseguirà senza sosta fino alla sua morte. Nel 1922 è nominato nel servizio permanente effettivo, viene trasferito in forza al 7º Rgt. Alpini e nel 1924 parte volontario per la Libia in forza al 21° Btg. Indigeni eritreo-misto. Al termine delle guerre coloniali si trasferirà in Somalia ed Eritrea. Nei territori dell’Impero, racconterà le sue avventure in due avvincenti e autoironiche opere autobiografiche, “Tre mesi di spionaggio oltre il Piave“ e “Due centimetri Più alto del Re“. Cadrà in Somalia, a Mogadiscio, il 29 dicembre 1937. Il destino gli impedirà di partecipare alla Seconda Guerra Mondiale, come avrebbe certamente fatto, ma non impedirà alla Famiglia Tandura di donare alla Patria altro sangue e altro eroismo, dal momento che l’unico figlio di Alessandro Tandura e di Emma Petterle, Luigino Tandura, partigiano nella Brigata Osoppo, cadrà in combattimento il 28 giugno 1944 e verrà anch’egli decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria. TV